La chetosi, uno stato metabolico in cui il corpo brucia i grassi invece dei carboidrati come principale fonte di energia, sta emergendo come un promettente approccio per combattere le malattie neurodegenerative e l’invecchiamento cerebrale. Mentre la chetosi è nota per i suoi benefici nella perdita di peso e nella gestione del diabete, sempre più ricerche stanno evidenziando il suo potenziale impatto sul cervello e sulla salute cognitiva.

Le malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, il morbo di Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), sono caratterizzate dalla progressiva degenerazione delle cellule cerebrali. Si ritiene che la chetosi possa offrire un’alternativa terapeutica promettente per queste patologie. Durante lo stato di chetosi, il cervello può utilizzare i corpi chetonici, prodotti durante la digestione dei grassi, come fonte di energia. Questa via metabolica alternativa può fornire al cervello un’energia stabile e sostenibile, riducendo la dipendenza dai carboidrati e migliorando la funzione cerebrale.

Chetosi e invecchiamento cerebrale.

Per quanto riguarda questo punto c’è da dire che la chetosi può avere effetti positivi sull’invecchiamento cerebrale. Con l’avanzare dell’età, il cervello può subire un deterioramento progressivo delle sue funzioni, come la memoria e l’attenzione. La chetosi può agire come un meccanismo protettivo, riducendo l’infiammazione, migliorando il metabolismo energetico e stimolando la produzione di fattori neuroprotettivi. Questi effetti possono contribuire a preservare la salute cerebrale durante l’invecchiamento e ridurre il rischio di patologie neurodegenerative. Ovviamente l’alimentazione non è è l’unica strategia per preservare la salute cerebrale, ma può essere considerata come parte di un approccio integrato che comprende anche l’esercizio fisico regolare e una buona igiene del sonno.

In un’intervista il Prof. Giovanni Scapagnini, esperto di Nutrizione umana all’Università del Molise nonché relatore di un panel importante nell’ambito delle 2 giornate del G8 delle Diete Chetogeniche afferma che la dieta ha un ruolo cruciale nel prevenire le patologie neurodegenerative e l’invecchiamento cerebrale. Non a caso: 

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Il ruolo di nutrienti essenziali, di composti non essenziali e addirittura di non nutrienti derivanti dalla dieta e l’uso di sostanze nutraceutiche in grado di interferire positivamente su infiammazione e stress è sempre più considerato una potenziale strategia preventiva nei confronti delle patologie neurodegenerative e dell’invecchiamento cerebrale in generale.

Nell’intervista, il Prof. Scapagnini ha sottolineato diversi nutrienti essenziali per una corretta fisiologia cerebrale. Oltre al glucosio, la principale risorsa energetica del cervello, egli ha evidenziato l’importanza delle vitamine come la B6, la B12 e l’acido pantotenico. Inoltre, il Prof. Scapagnini ha menzionato gli Omega-3, notando che diete ricche di Omega-3 a catena lunga sono associate a un ridotto rischio di declino cognitivo. 

Una review pubblicata nel 2019 su Nutrients ha esaminato proprio l’efficacia delle diete chetogeniche nella terapia delle malattie neurodegenerative evidenziando la necessità di proseguire nella ricerca per comprendere meglio l’efficacia a lungo termine della dieta chetogenica ei suoi effetti sui sintomi della malattia. Questo potrebbe fornire una nuova prospettiva terapeutica per le persone affette da malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson.