Qualche giorno fa sui giornali è stato ripreso uno studio pubblicato su Science Direct che evidenziava una certa relazione tra chetogenica e cachessia da cancro. La sostanza dell’articolo era:

Il cancro può provocare profonde alterazioni metaboliche che portano alla cachessia, una grave sindrome di deperimento. Recentemente, le diete chetogeniche, ricche di grassi e povere di carboidrati, sono state esplorate come possibili strumenti terapeutici nei casi avanzati di cancro. Tuttavia, ricerche mostrano che l’organismo potrebbe non essere in grado di metabolizzare correttamente queste diete in presenza di certi tipi di cancro, provocando ulteriori complicazioni come la perossidazione lipidica e l’insufficienza surrenalica. Pertanto, è essenziale monitorare attentamente la risposta del paziente a queste diete per valutare il loro potenziale terapeutico nel contesto della cachessia da cancro.

Per fare chiarezza abbiamo chiesto l’aiuto del Professor Giovanni Spera che ha dichiarato:

La solita, stucchevole, interpretazione malevola di un lavoro scientifico, utilizzata come falso scop sul tema delle Diete Chetogeniche che non è controverso a livello scientifico, ma certamente dibattuto. Il dibattito, tra gli esperti, è relativo alla corretta gestione ed alle possibili corrette applicazioni di questo strumento di Terapia Dietetica per la salute umana.

Giovanni Spera

In questo caso si tratta di un lavoro di ricerca di base, altamente sperimentale, nel quale a ratti affetti da una specifica, rara tipologia di tumore indotto artificialmente, è stata somministrata una dieta in grado di indurre chetosi, per studiarne l’effetto sul metabolismo epatico in questa specifica condizione sperimentale.

Importante è sapere intanto che la dieta chetogenica che è stata usata è una HFKD, cioè basata com’è fondamentale sulla forte riduzione dei carboidrati, ma anche sull’uso indiscriminato, ad libitum, di alimenti grassi. Inoltre, come sanno gli addetti ai lavori, il metabolismo dei corpi chetonici nei ratti ha notevoli peculiarità rispetto a quello che si realizza negli esseri umani.

Ebbene, il risultato dello studio è consistito nel riscontro di un incoraggiante rallentamento della crescita tumorale. A fronte però di una modifica funzionale delle cellule del fegato, da attribuire verosimilmente all’eccesso di grassi della dieta, a cui consegue una complessa interferenza del metabolismo di alcuni ormoni surrenalici steroidei.  I prodotti di tale interferenza sono poi ritenuti responsabili di un peggioramento della cachessia, la incongrua perdita di peso, tipica complicanza delle malattie tumorali.  Faccio notare, per inciso, che i pochi studi di sperimentazione clinica osservazionale sull’uomo che hanno utilizzato le diete chetogeniche in oncologia, mostrano tutti miglioramenti della compliance di base ed in particolare il contenimento della cachessia.

Insomma nessuna trasferibilità dei dati, del pur interessante lavoro citato, nella pratica clinica, se non una indiretta indicazione alla prudenza nell’uso indiscriminato, molto gettonato sul web e diffuso in particolare in Nord America, delle diete chetogeniche con illimitata assunzione di cibi grassi. Concetto consolidato nel patrimonio culturale degli esperti nutrizionisti in grado di prescrivere correttamente le Terapie Dietetiche basate sull’induzione della “preziosa” produzione endogena di Corpi Chetonici.

Quello che sappiamo ad oggi è che l’efficacia delle diete chetogeniche nel trattamento del cancro ha suscitato un crescente interesse negli ultimi anni. La chetosi, uno stato metabolico in cui il corpo utilizza i corpi chetonici come fonte di energia anziché i carboidrati, può avere un impatto sulla crescita e la proliferazione delle cellule tumorali. Un tema che verrà trattato durante il “G8 delle Diete Chetogeniche“, in programma il 27 e 28 giugno. Ne discuteranno il Prof. Antonio Paoli e il Dott. Francesco Schittulli, evidenziando le ultime evidenze scientifiche sull’applicazione delle diete chetogeniche nell’ambito dell’oncologia.