Dopo gli anziani e i residenti delle case di cura, i più colpiti duramente dalla pandemia da Covid-19 sono i diabetici. Sul New York Times un appello affinchè i politici si impegnino ad affrontare seriamente il problema che negli Usa è molto sentito.

Studi recenti suggeriscono che il 30/40% dei decessi da Covid negli Stati Uniti si sono verificati tra persone con diabete, una cifra che evidenzia qualche falla nella struttura di prevenzione delle nostre sanità. Le persone con diabete sono particolarmente vulnerabili alle gravi malattie da Covid perché presentano anche altre problematiche come ad esempio diabete, obesità, ma anche perché il diabete compromette il sistema immunitario diminuendo la capacità di  resistere a un’infezione da coronavirus. 

Il diabete nonostante colpisca il 13 per cento di tutti gli adulti, attira meno l’attenzione pubblica rispetto a malattie cardiache, cancro o Alzheimer. Come ha affermato David Kerr, Direttore del Sansum Istituto di ricerca sul diabete in California:

Il diabete si presenta come un problema enorme e il Covid ha reso evidente questa problematica e i suoi aspetti nefasti.

Negli ultimi due anni, i medici hanno anche segnalato un forte aumento dei giovani a cui è stato diagnosticato il diabete di tipo 2, un aumento che molti ritengono sia legato al drastico aumento dell’obesità infantile. 

Insomma diabete e obesità si presentano ancora una volta come problematiche conseguenti di uno stile di vita a lungo scorretto, caratterizzato da sedentarietà ed eccesso di alimentazione tanto da potersi identificare con un’unica definizione di “Diabesità”.

In Italia è sovrappeso oltre 1 persona su 3, obesa 1 su 10 mentre il 66,4% delle persone con diabete di tipo 2 è anche sovrappeso o obeso. La restrizione calorica bilanciata, con dieta mediterranea, rimane l’approccio dietetico di prima scelta, penalizzato però dall’alta incidenza di drop-out per la difficoltà a controllare la fame.

Leggi anche  Il cibo come medicina, il cibo come cura

Ma qual è allora l’approccio dietetico ottimale per un calo ponderale che aiuti anche l’organismo a restare in salute e in forma? Il Professor Giovanni Spera, Presidente SISDCA e già Professore di Medicina Interna ed Endocrinologia presso La Sapienza Università di Roma risponde così:

Un’accreditata alternativa per il trattamento dell’obesità è il piano alimentare basato sulle diete ad apporto calorico molto basso (very low caloric diet, VLCD) che, quando concepite riducendo inizialmente prevalentemente i carboidrati rispetto a proteine e lipidi, inducono chetosi (VLCKD) e sono efficaci nella riduzione sia del peso in eccesso che della resistenza insulinica. Ciò grazie anche alla conseguente riduzione della fame in condizioni di benessere soggettivo ed oggettivo.

dieta keto

La Dieta Chetogenica è un approccio terapeutico all’obesità che è ritornato d’interesse per ricercatori, medici e scienziati. Curare l’obesità con i farmaci, quando lo stile di vita non cambia, è come curare un malato di polmonite che non smette di fumare sigarette.

È opportuno, poi, ricordare che l’ambito di utilizzo della dieta chetogenica è molto più ampio. Essa viene utilizzata con efficacia in neurologia per il trattamento dell’epilessia farmaco-resistente ma anche per l’emicrania, il Morbo di Parkinson, il Morbo di Alzheimer, la sclerosi laterale amiotrofica, i traumi cranici, alcuni tumori e patologie su base infiammatoria.

Di questo e altro si parlerà anche nel II G8 delle Diete Chetogeniche che si svolgerà il 25 e 26 maggio a Venezia.