Che cos’è la chetosi? In che modo si può indurre e in che senso è uno strumento consolidato di terapia nutrizionale? L’abbiamo chiesto al Professor Giovanni Spera, Presidente SISDCA – Internista, Endocrinologo La Sapienza Università di Roma nonché uno dei protagonisti del convegno di Trani sul “Ruolo della nutrizione chetogenica nella prevenzione cardiovascolare”.

Giovanni Spera

Professore che cos’è la chetosi e cosa abbiamo compreso in questi anni?

La chetosi è uno stato fisiologico che si attiva quando l’organismo è a digiuno o è alimentato con un ridotto apporto di carboidrati. In questa situazione l’energia viene prodotta con le riserve di grassi e si producono i chetoni. L’induzione della chetosi si fa sottoponendo i soggetti ad una dieta molto stringente dal punto di vista dei carboidrati. Non necessariamente è accompagnata da un basso apporto calorico come testimoniano le diete Hight Fat di stampo americano.

Possiamo definire la chetosi un meccanismo atavico e fisiologico, non patologico, che si attiva a fronte di digiuni o uno scarso apporto di carboidrati capace di rendere l’organismo più reattivo ed attivo dal punto di vista muscolare, esattamente come succedeva ai nostri avi quando dovevano andare a caccia.

Perche la chetosi appare sempre più come uno strumento di terapia nutrizionale?

La chetosi inizialmente era utilizzata nel reset di cellule celebrali nei bambini epilettici che non potevano fare trattamenti farmacologici. Nello specifico si trattava di interventi non ipocalorici, ma solo legati alla riduzione di carboidrati. Questa strategia è stata recuperata perché si è visto che questi chetoni hanno una loro capacità di interferire con il ricambio energetico quindi sono capace, ad esempio, di incidere sull’insulino-resistenza e sulle infiammazioni.

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Quali riscontri ci arrivano dall’oncologia rispetto alla chetosi come coadiuvante?

Il campo oncologico è un classico campo emergente dove è stato proposto l’uso dei chetoni come strumenti terapeutici. Cosa che è ai primordi chiaramente, ma penso meriti un approfondimento e una riflessione supplementare. Diciamo che inducendo la chetosi, anche con una strategia nutrizionale normocalorica, non finalizzata alla perdita di peso, si attiva un processo che si presenta sicuramente come coadiuvante nel migliorare la risposta tumorale sia nella terapia farmacologica sia in quella radiante. E da qui si migliora lo stato nutrizionale, la qualità della vita, il mantenimento della massa magra e tutta una serie di vantaggi in chiave anti-tumorale.

Cosa ci dicono i più recenti lavori sulla chetogenica?

Su Nutrients è stato lanciato un Numero speciale che va a collezionare tutta una serie di lavori che analizzano il ruolo delle diete chetogeniche nei confronti di numerose malattie. Ho avuto il piacere di coordinare questo gruppo e posso dire che sono stati raccolti studi e dati che testimoniano la possibilità di usare questa dieta in campi diversi. Dalle malattie infiammatorie, in certe malattie genetiche caratterizzate da deficit metabolici o addirittura è stato proposto l’uso di queste diete nel diabete tipo 1 in quanto utile a ridurre la dose terapeutica di insulina. I vantaggi di una terapia nutrizionale chetogenica sono molteplici. E’ importante anche con la perdita di peso il mantenimento della massa magra e l’azione dei chetoni al livello del microbiota intestinale con la conseguente modulazione della funzione immunitaria. Difatti recentemente è stata dimostrata la capacità di una dieta chetogenica di ridurre la mortalità dei soggetti affetti da Covid o nel migliorare la risposta ai vaccini anticovid-19. Insomma la chetogenica, come dice il diabetologo americano Ludwig, si presenta come uno strumento che merita di essere studiato e sperimentato per avere sempre più dati certi e nuove possibilità terapeutiche a cavallo tra alimentazione e farmacologia.

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