Come può una dieta contribuire a proteggerci dal Coronavirus?
Siamo nel 1985 quando Gabriel García Márquez dà alle stampe L’amore ai tempi del colera, romanzo che narra di sentimenti e vita, Eros e Thanatos. Due tipi di pulsioni, una che va verso la vita e l’autoconservazione e un’altra quella di morte che si manifesta in tendenze autodistruttive. Nessuno avrebbe mai pensato che quelle atmosfere rarefatte, collocate fuori dal tempo e dallo spazio, sarebbero diventate una strana ed improvvisa quotidianità. Scuole chiuse, assembramenti limitati, zone off limit, paura dei propri simili, sia di quelli vicini sia di quelli lontani. Una sorta di apnea delle certezze che spinge ad una riflessione, a diverse riflessioni. Una di queste concerne noi, il nostro corpo e la nostra capacità di reagire agli attacchi esterni anche mediante ciò che mangiamo. Al momento le nostre preoccupazioni individuali e collettive arrivano da COVID-19, dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata. Ma cosa sono nel concreto i coronavirus?
I coronavirus (CoV) sono un’ampia famiglia di virus respiratori che possono causare malattie da lievi a moderate, dal comune raffreddore a sindromi respiratorie come la MERS (Middle East Respiratory Syndrome) e la SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome). Sono chiamati così per le punte a forma di corona che sono presenti sulla loro superficie (visti a microscopio, naturalmente).
I sintomi più comuni di un’infezione da Coronavirus nell’uomo includono febbre, tosse, difficoltà respiratorie. Nei casi più gravi, l’infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e persino la morte.
Gli scienziati appaiono divisi sulla portata del virus, ma di fatto ad oggi contro il Coronavirus non esiste un vaccino. Una cosa è certa: meglio farsi trovare in buona salute con un sistema immunitario efficace e forte. Domanda: ma come lo raggiungiamo questo obiettivo? Possiamo fare qualcosa mediante l’alimentazione quotidiana ed alcuni accorgimenti a tavola? Per saperne di più abbiamo interpellato Giovanni Spera, Endocrinologo, già Professore Ordinario di Medicina Interna de La Sapienza di Roma. Qui l’intervista.
Professor Spera in questi giorni si parla tanto di Coronavirus, di difese immunitarie e di regimi dietetici che potrebbero proteggerci dai virus e nello specifico anche dal Coronavirus. Cosa c’è di realistico e scientifico nel mare magnum di cose che leggiamo in rete e sui giornali?
Assieme a tanta paccottiglia qualche cosa di verosimile c’è. Andiamo con ordine: siamo dinanzi ad una epidemia di tipo influenzale, ma che desta evidenti preoccupazioni aggiuntive legate alle sue un po’ più misteriose caratteristiche. Come per tutte le infezioni virali non esiste una cura farmacologica se non la possibilità di prevenzione tramite vaccino che per questo nuovo virus non è ancora disponibile. E’ peraltro evidente che questo, come tutti i virus, è aggressivo in maniera diversa nei confronti dei singoli individui o delle diverse categorie di individui specie in base ad età ed a condizioni generali di salute. Ciò verosimilmente in relazione alla capacità di reazione e difesa del sistema immunitario.
Una dieta può proteggerci dal Coronavirus?
Ecco, ma come facciamo a migliorare la reattività del nostro sistema immunitario? La scienza ci dà qualche indicazione rispetto alle nostre abitudini alimentari?
Bene, sulla base di una gran mole di dati sperimentali, il mondo scientifico ha ormai preso atto della inconfutabile correlazione tra efficacia di risposta immunitaria e stato di salute del cosiddetto microbiota intestinale. Si tratta di un assemblaggio di miliardi e miliardi di batteri, virus e miceti che colonizzano la mucosa intestinale di ogni individuo condizionando positivamente o negativamente, ora è arcinoto, non soltanto la funzione digestiva, ma molte altre funzioni tra cui quella metabolica e finanche quella intellettiva. Oggi sono molte le prove che migliore è lo stato di salute del microbiota intestinale, più efficiente risulta il sistema immunitario. E’ anche del tutto evidente e dimostrato che a sua volta il microbiota è facilmente influenzabile e modificabile dalle nostre abitudini alimentari e cioè dalla tipologia e quantità del cibo, degli alimenti, dei liquidi, delle sostanze, farmaci od altro che assumiamo per bocca.
Ma allora è vero che possiamo difenderci al Coronavirus con la dieta?
Non è né provato né tantomeno dimostrato, ma è plausibile che almeno indirettamente sia possibile. Chiarisco meglio! I nutrizionisti sanno e ci dicono che per migliorare il microbiota intestinale e di conseguenza il suo equilibrio dobbiamo eliminare gli abusi di cibi che “infiammano” l’organismo, come l’eccesso di carboidrati e di zuccheri semplici in grado spesso di creare la cosiddetta “disbiosi” intestinale. E’ di certo plausibile che se mangiamo sano, con poco sale, con fonti proteiche selezionate (pesce, legumi) con buon apporto di acidi grassi insaturi e polinsaturi come quelli della frutta secca, del pesce e dell’olio d’oliva, oltre che con abbondante uso di vegetali ricchi di oligoelementi e soprattutto fibre, ottimizziamo composizione e funzione del nostro microbiota intestinale e di conseguenza la sua capacità di implementare l’efficacia difensiva del sistema immunitario nei confronti di tutti gli agenti patogeni esterni. Quindi anche nei confronti del Coronavirus, perchè no?
Ha accennato al negativo impatto dell’eccessivo introito di zuccheri semplici e carboidrati sul microbiota intestinale. Rispetto, pertanto, ai molto citati effetti positivi sull’organismo delle diete a bassissimo apporto di carboidrati e di conseguenza “chetogeniche”, ritiene che il loro uso possa in qualche modo avere un impatto sul microbiota e di conseguenza sulle difese immunitarie?
Le diete chetogeniche, quelle che hanno in comune fasi di estremamente ridotto apporto di carboidrati, sono veri e propri strumenti terapeutici che trovano applicazione in specifiche patologie ed in vari ambiti. Gestite con oculatezza da specialisti competenti, danno un loro decisivo contributo per il trattamento dell’Obesità, del Diabete Mellito di Tipo 2, dell’Epilessia, dell’Emicrania, ma anche come coadiuvanti nel trattamento di malattie neuro degenerative ed oncologiche. In tutti i casi però l’uso di protocolli a base di diete chetogeniche ha dimostrato una netta riduzione dello stato infiammatorio generalizzato comune a tutte le patologie citate e soprattutto un vero e proprio reset del microbiota intestinale, il quale in virtù del nuovo equilibrio tra le popolazioni batteriche, dà il suo contributo al raggiungimento dei singoli obiettivi terapeutici. E’ verosimile, pertanto, che il trattamento con le diete chetogeniche può aiutare quantomeno a sottrarre i soggetti trattati dal maggior rischio di inefficienza del sistema immunitario ed anzi aiutarli a proteggersi indirettamente, a respingere insomma l’assalto di quest’ultimo come di tutti i futuri misteriosi aggressori virali più o meno dotati di corona. (dieta coronavirus)